Questa è una newsletter vuota.
Nel senso che nasce dal vuoto, da giorni in cui mi sembra di non avere niente da dire perché avrei troppo da dire.
“Sarà il caldo” - mi dico. Sarà la pressione bassa, l’estate che ci vuole distratti, la voglia di staccare. Forse sì, ma c’è dell’altro.
C’è quel vuoto che mi fa paura. Quello che ho sempre cercato di riempire con progetti, cose da fare, esperienze, persone, pensieri. Ora il vuoto reclama il suo spazio, è stanco di essere ignorato.
Mi dice: “Guarda meglio, ascolta ancora, resta qui”.
E allora, proviamoci. Sentiamo cos’ha da dire, anche in silenzio.
Assenza e possibilità
“Come ci sono finita qui?”
È una domanda che mi pongo ciclicamente, quando mi accorgo di vivere situazioni che escono da tutti i piani di vita che mi ero fatta. Cioè tutti.
So solo che oggi è il 27 giugno, ieri ho fatto un saggio di danza contemporanea dopo quindici anni, questi primi sei mesi dell’anno sono stati intensi: di lavoro, di relazioni, di progetti personali.
E sono qui, a sorseggiare la mia borraccia carica carica di Polase, con un senso di vuoto che non è disperazione, ma neanche noia. È proprio il non sapere cosa succederà.
La domanda è: mi sento svuotata perché ho dato tanto negli ultimi mesi o perché c’è ancora spazio per qualcosa di nuovo?
Non lo so, non sono mai stata brava con le risposte secche.
So solo che mi sembra di non avere nulla da dire (sì, succede anche a noi che lavoriamo nella comunicazione), perché sento di dover consumare ancora un po’ i germogli che mi abitano.
Ho pensato che io sono una cicala e tu sei un terrorista. Ci ho riflettuto ancora e ancora, ed è proprio così. […] Io consumo tutto fino all’osso, senza preoccuparmi di mettere da parte nulla, senza risparmiare nemmeno una piccola parte. Come la cicala della fiaba. Se ho dei soldi, li spendo tutti. Se ho delle bustine di tisana, non sono contenta finché non svuoto la scatola. Mi butto in ogni cosa a capofitto e divoro tutto quel che c’è. E non me ne preoccupo, sai? Non mi chiedo cosa succederà quando non ci saranno più provviste: io mangio e canto e ballo, e me ne sbatto se domani farà freddo.
– Carpe diem
– Non mi banalizzare. È più che altro una specie di incoscienza.
– E io perché sarei un terrorista?
– E me lo chiedi anche? Perché tu daresti fuoco a tutto. Appena una cosa non ti piace, o ti annoia, o non rientra più nelle tue corde, eccoti portare la mano ai fiammiferi e pffff via di incendio.
Matteo di Pascale, Mario
Ecco, io in questo momento mi sento molto cicala.
In questi mesi ho ballato, scritto, lavorato, parlato, viaggiato e detto sì a tutto.
Ora la mia testa è in riserva creativa e forse non sapere cosa dire non è una tragedia, ma un segno che qualcosa sta cambiando.
Lo spazio per creare
Ci hanno convinti che la creatività nasca nei momenti di ispirazione, davanti al tramonto, in una casa con le travi a vista e il vino bianco.
Ma non è tutto “genio e sregolatezza”, per quanto sia affascinante pensarci come dei piccoli Baudelaire alla ricerca dei nostri fiori del male.
Nella realtà, spesso succede che non succede nulla. Le nostre giornate scorrono tra la spesa da fare, quel cliente che ci da del filo da torcere e la sensazione di non avere nulla di interessante da dire in questa vita che non è poi così speciale.
È proprio lì, però, che non bisogna avere fretta di fare-fare-fare. Spesso proprio in questo vuoto comincia a muoversi qualcosa.
Non succede niente. Poi ancora niente. Poi un’intuizione. Un’idea. Una frase che viene da dentro. Poi magari torna anche voglia di scrivere, cucire, disegnare o cambiare città.
Nel vuoto creativo spesso non succede nulla, è vero, ma sotto sotto, qualcosa fermenta.
Sto scoprendo, con fatica, che serve fiducia nel silenzio e una certa resistenza alla tentazione di riempirlo subito.
Esercizi di noia e di non-fare
Hai mai visto una bottiglia fare i capricci quando è vuota? […]
Fai come la bottiglia, allora. Smettila una volta per tutte di rincorrere tutte queste avventure: è il puro fatto di stare al mondo al vera avventura.
Chiara Gamberale, Qualcosa
Qualcosa è un libro per grandi sotto forma di fiaba.
La protagonista è la Principessa Qualcosa di Troppo, che dopo una dolorosa perdita, si ritrova a dover fare i conti con un grande vuoto e due nuovi compagni di viaggio: il Cavalier Niente, che passa tutto il giorno a non-fare, e Madama Noia, che all’inizio le fa paura, ma col tempo le permette di creare mondi.
È solo imparando a stare con loro, senza fuggire e senza riempire, che Qualcosa impara a stare bene con se stessa e ad accogliere l’amore.
L’esercizio di oggi è semplice e difficilissimo: prova a non-fare.
Non cercare subito una risposta, un contenuto da scrivere, un contenuto da produrre.
Resta un po’ con il Cavalier Niente e Madama Noia. Osserva come si muovono, cosa emerge se non li zittisci.
Se vuoi, puoi appuntarti su un foglio:
Tre cose che senti quando non hai nulla da fare.
Tre cose che affiorano dopo che hai resistito alla tentazione di riempire il vuoto.
Non è un esercizio di produttività. È solo un modo per ascoltare chi sei, quando smetti di voler fare a tutti i costi.
Perché quel vuoto, in fondo, lo sentiamo tutti. La differenza, forse, la fa il modo in cui scegliamo di starci, senza fretta di riempirlo.
Se hai voglia di non-scrivermi, ti leggo come sempre qui.
Quello che mi ha colpito è che metti il cambiare città fra le cose positive della voglia di fare: anche io ci penso spesso, ma poi mi chiedo se , come il personaggio femminile di Revolutionary Road di Yeates, questa particolare voglia di cambiare città non nasconda un Vuoto più grande e più incolmabile.